Nelle pagine seguenti vengono calcolati diversi indicatori inerenti all’uscita dal mercato del lavoro. Tutti questi indicatori, tratti dalla rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS), seguono un approccio nell’ottica del «mercato del lavoro» , ovvero vertono principalmente sulla condizione lavorativa e non sugli aspetti legati alle prestazioni della previdenza professionale.
Questi indicatori sono:
Tasso d'attività e condizione professionale delle persone tra i 50 e i 74 anni
Età media al momento dell’uscita dal mercato del lavoro
Tasso di prepensionamento (approccio mercato del lavoro)
Numero di persone di 65 anni e più ogni 100 persone attive tra i 20 e i 64 anni
Tasso d'attività e condizione professionale delle persone tra i 50 e i 74 anni
Il tasso d’attività professionale (quota di persone attive rispetto alla popolazione) diminuisce con l’avanzare dell’età a partire dai 50 anni. Mentre nel periodo 2018–2020 il 90% degli uomini di 57 anni e l’82% delle donne della stessa età (ovvero a un anno dall’età minima per poter beneficiare di una rendita del 2° pilastro) erano ancora attivi sul mercato del lavoro, tra gli uomini di 64 anni e le donne di 63 anni il tasso d’attività professionale si attestava soltanto al 56% rispettivamente al 52%. Il 36% degli uomini era ancora attivo a 65 anni e il 28% delle donne a 64 anni. Anche a 74 anni alcune persone partecipavano ancora in parte al mercato del lavoro (il 14% degli uomini e il 7% delle donne).
Nell’arco degli ultimi 20 anni è aumentato in particolare il tasso d’attività professionale delle donne tra i 50 e i 74 anni. Il netto aumento del tasso d’attività professionale delle donne di 62 e 63 anni dipende tra l’altro dal duplice aumento, nel 2001 e nel 2005, della loro età ordinaria (legale) di pensionamento.
In equivalenti a tempo pieno (ETP) si osservano grandi differenze in funzione del sesso: i valori delle donne si situano, a causa di un maggiormente diffuso lavoro a tempo parziale, a livelli inferiori rispetto a quelli degli uomini, e questo in particolare fino all’età ordinaria (legale) di pensionamento (differenza di circa 30 punti percentuali).
Oltre all’evoluzione del tasso d’attività professionale in funzione del sesso, è interessante anche osservare l’andamento della condizione professionale prima e dopo l’età ordinaria (legale) di pensionamento: la quota dei lavoratori dipendenti sulla popolazione complessiva cala fortemente a partire dai 60 anni, mentre la diminuzione di quelli indipendenti tra i 60 e i 65 anni è molto meno marcata. Dai 65 anni in poi l’andamento è praticamente identico.
Età media al momento dell’uscita dal mercato del lavoro
L’indicatore «età media all’uscita dal mercato del lavoro» consente di sintetizzare in una cifra chiave l’uscita dal mercato del lavoro al termine della carriera professionale.
L’indicatore è calcolato sulla base dell’età media ponderata al momento dell’uscita dalla vita professionale delle persone tra i 58 e i 75 anni*.
Sono considerate in uscita dal mercato del lavoro tutte le persone il cui statuto tra un’intervista RIFOS e l’altra sia passato da persona attiva a persona non attiva.
La percezione di una rendita dei tre pilastri della previdenza per la vecchiaia non ha alcun influsso sul calcolo di questo indicatore. In tal senso si tratta piuttosto di un approccio «mercato del lavoro» che di un approccio «previdenza per la vecchiaia».
Le uscite dal mercato del lavoro avvengono a qualsiasi età, sebbene se ne constati un aumento dai 58 anni, il che coincide con l’età minima per avere diritto alla rendita del 2° pilastro. È stato scelto un limite superiore di 75 anni perché dopo tale età la quota di occupati è molto bassa.
Nel 2022 l’età media all’uscita dal mercato del lavoro era di 64,8 anni, in calo rispetto al picco osservato nel 2017 (65,8 anni). Questo indicatore riflette la differenza ordinaria (legale) dell’età di pensionamento tra uomini e donne: in media gli uomini lasciano il mercato del lavoro un po’ più tardi delle donne (nella media degli ultimi cinque anni: 0,8 anni dopo).
L’età media all’uscita dal mondo del lavoro varia secondo la condizione professionale, la nazionalità, il ramo economico e la professione esercitata: indipendenti, Svizzeri e occupati nell’agricoltura e silvicoltura rimangono attivi nel mercato del lavoro più della media. Di contro, le persone attive dei rami economici «attività finanziarie e assicurative» lasciano il mercato del lavoro nettamente prima.
Nell’indicatore presentato sopra, basta un’ora di lavoro alla settimana per essere considerati attivi sul mercato del lavoro (secondo la definizione internazionale dell’Organizzazione internazionale del lavoro (ILO)). Tuttavia, una quota consistente di persone dell’età presa in esame riduce il proprio grado di occupazione prima di diventare totalmente inattiva: qualora, oltre alle cessazioni dell’attività professionale, anche le riduzioni del grado di occupazione a meno di, rispettivamente, 20% o 50% siano considerate alla stregua del ritiro dal mercato del lavoro, l’età media all’uscita dal mercato del lavoro viene a trovarsi a un livello inferiore.
Vengono calcolate due misure alternative:
le uscite effettive dal mercato del lavoro, più gli occupati che nel giro di un anno hanno ridotto il grado di occupazione del 20% o più a meno del 20%;
le uscite effettive dal mercato del lavoro, più gli occupati che nel giro di un anno hanno ridotto il grado di occupazione del 50% o più a meno del 50%.
Confronto internazionale
L’OCSE pubblica un indicatore chiamato «average effective age of retirement» (età media effettiva di pensionamento). Anche questo indicatore è calcolato secondo l’approccio «mercato del lavoro» e si fonda sulle Labour Force Surveys (l’equivalente sul piano internazionale della RIFOS); per il resto, il metodo di calcolo è molto diverso. L’indicatore OCSE presenta il vantaggio di permettere raffronti internazionali, ma ha anche dei limiti in termini di precisione, dovuti all’uso di classi di età per multipli di cinque anni e al ritmo quinquennale*.
Il calcolo dell’OCSE è basato su tassi d’attività professionale di classi di età suddivise per multipli di cinque anni a ritmo quinquennale a partire da campioni indipendenti (non vi sono analisi longitudinali delle persone). La contrazione dei tassi d'attività professionale, per esempio tra il tasso dei 50–54enni nel 2009 e quello dei 55–59 anni nel 2014, è considerata una conseguenza delle uscite dal mercato del lavoro. Questa contrazione è ponderata con l’età media delle classi di età (p.es. diminuzione tra 50–54 anni e 55–59 anni => 55 anni).
Tasso di prepensionamento (approccio mercato del lavoro)
In questo indicatore sono considerate in prepensionamento le persone che soddisfano i tre criteri seguenti:
non hanno raggiunto l’età ordinaria (legale) di pensionamento;
hanno lavorato almeno fino a 50 anni, ma non esercitano più alcuna attività professionale*;
hanno addotto pensionamento, invalidità o salute quali principali ragioni dell’arresto dell’attività.
Le persone che esercitano un’attività professionale, anche se solo per un’ora alla settimana, non sono considerate prepensionate ai sensi dell’analisi: conformemente alle raccomandazioni dell’Organizzazione internazionale del lavoro e alle norme di EUROSTAT, rientrano invece tra gli occupati.
Il fatto di percepire prestazioni dai tre pilastri della previdenza per la vecchiaia non incide sul calcolo di questo indicatore. Inoltre, l’indicatore non considera in prepensionamento nemmeno le persone che hanno ripreso l’attività professionale dopo un pensionamento anticipato. In questo senso si tratta di un approccio nell’ottica del «mercato del lavoro» e non della «previdenza professionale». Il tasso di prepensionamento è calcolato dividendo il numero di persone in prepensionamento per il numero di persone che hanno esercitato un’attività professionale almeno fino ai 50 anni.
Nel periodo 2018-2020 il tasso di prepensionamento a un anno dall’età ordinaria (legale) di pensionamento ammontava al 39% (a 64 anni) tra gli uomini e al 30,4% (a 63 anni) tra le donne. Questi tassi sono in calo rispetto al periodo 2006-2009 (47,1% per gli uomini di 64 anni; 43,2% per le donne di 63 anni).
Nel periodo 2016–2020, un anno prima dell’età ordinaria di pensionamento, le persone che avevano esercitato un’attività indipendente avevano optato per il prepensionamento quasi tre volte meno spesso (15,3%) rispetto ai lavoratori dipendenti (39,3%). Differenze considerevoli si osservano anche a seconda delle attività economiche, dove i tassi più elevati si sono registrati nei rami «Attività finanziarie e assicurative», «Trasporto e magazzinaggio» e «Amministrazione pubblica», mentre i tassi quelli più bassi nei rami «Agricoltura e silvicoltura» e «Attività artistiche, di intrattenimento, di famiglie e convivenze, altro».
Temi comuni
Questo indicatore va a completare due indicatori pubblicati tra gli indicatori della previdenza per la vecchiaia tratti dal modulo «Sicurezza sociale» della rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS). Mentre il denominatore è definito allo stesso modo, per il numeratore vi sono due opzioni.
Tasso di prepensionamento – autovalutazione: le persone considerate hanno dichiarato di aver beneficiato del prepensionamento; si tratta di una valutazione soggettiva e indipendente del fatto di percepire prestazioni o di esercitare un’attività professionale.
Tasso di prepensionamento – beneficiari di una prestazione: per annoverare una persona nella categoria dei prepensionati l’unico criterio valido è che percepisca prestazioni per la vecchiaia da almeno uno dei tre pilastri; questa definizione è indipendente dallo statuto sul mercato del lavoro.
Numero di persone di 65 anni e più ogni 100 persone attive tra i 20 e i 64 anni
L’indicatore «Numero di persone di 65 anni e più ogni 100 persone attive tra i 20 e i 64 anni» permette di stimare il livello e l’evoluzione dell’onere costituito dalla popolazione anziana nei confronti di quella attiva.
Nel 2022 il numero di persone di 65 anni e più ogni 100 persone attive tra i 20 e i 64 anni ammontava a 37,0. Nell’ultimo decennio, l’invecchiamento demografico ha portato a un rapido aumento di questo rapporto (+12%) nonostante la partecipazione in crescita al mercato del lavoro: nel 2012 si contavano solo 33,0 persone di 65 anni e più ogni 100 persone attive occupate tra i 20 e i 64 anni. L’evoluzione è addirittura di +30% rispetto al 1991 (con una quota pari a 28,2 quell’anno).
Se si converte il numero di persone attive tra i 20 e i 64 anni in equivalenti a tempo pieno, il rapporto nel 2022 si attestava a 42,8.
Gli indicatori della previdenza per la vecchiaia offrono una panoramica della situazione della popolazione anziana in Svizzera. Oltre al passaggio al pensionamento e alla situazione finanziaria dei pensionati, si prendono in considerazione anche altri aspetti, quali le forme residenziali, la salute, il reddito e l’integrazione sociale.
Negli ultimi decenni la struttura della popolazione della Svizzera è profondamente mutata. L’invecchiamento demografico della Svizzera si ripercuote su diversi fronti della convivenza. Al centro del dibattito sociopolitico vi sono in particolare temi relativi alla salute, all’occupazione e al pensionamento nonché alla previdenza per la vecchiaia.
La statistica delle nuove rendite (NRS) è una rilevazione totale che rileva il numero di nuovi beneficiari di rendite di vecchiaia o di prestazioni in capitale del sistema previdenziale svizzero. I dati sono disponibili per tutti e tre i pilastri. La NRS registra, oltre al numero di nuovi beneficiari, anche l’entità della rendita o della prestazione in capitale.
Nei prossimi decenni l’invecchiamento della popolazione e le variazioni nella struttura per classi di età acquisiranno importanza. L’evoluzione demografica sarà influenzata da tre fattori: elevata fecondità, speranza di vita crescente e immigrazione di giovani.
Le pagine in italiano offrono un contenuto ridotto. Per un'informazione più completa si prega di consultare le pagine in tedesco o francese (cfr. link qui sopra).